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Manola sottomessa dal prete

Manola sottomessa dal prete

Nella mia 'carriera' di prete ne sto facendo di cotte e di crude. La mia missione di servitore di cristo e pastore del suo gregge si sta rivelando assai più fruttuosa nel soddisfare i miei smodati appetiti sessuali, le mie brame libidinose e oscene, piuttosto che nel far guadagnare fedeli alla santa romana chiesa. Ogni volta che mi riprometto di fuggire i peccati carnali di impudicizia e fornicazione ecco che mi si presentano situazioni che s**tenano i miei più insani e ignobili bollori erotici.

Come è successo solo pochi giorni fa. Si è venuta a presentare una situazione che adesso sto scontando infliggendomi delle autopunizioni corporali quotidiane, e questo è il settimo giorno. Per quanto siano dolorose queste punizioni, non posso però non continuare a provare soddisfazione nel ripensare ai godimenti provati con i protagonisti della storia che ora confesso (confidando nel perdono del buon dio).

Dunque, per sei mesi ho seguito una coppia di giovani che si sono preparati al matrimonio. Il corso è stato tenuto a cadenza quindicinale da un vescovo, responsabile regionale del centro per la pastorale familiare, ed io ho seguito le lezioni che si sono tenute nella sala della mia parrocchia. La coppia era composta da un ragazzo di 35 anni, un ragioniere, una persona a modo, il classico tipo con gli occhialoni e l'aria da cervellone che passa tutto il tempo dietro alla lettura e al lavoro di progettista (un tipo che comunque deve avere un suo fascino); e da una bellissima ragazza bionda sui 27/28 anni, con gli occhi di quell'azzurro profondo che ha il mare all'orizzonte e un corpo da favola, da modella. Per correttezza nei confronti di questa coppia (ora sposata) ho cambiato i loro veri nomi in: Alberto e Manola. Manola, per tutta la durata del corso prematrimoniale, si è mostrata una ragazza pacata, osservante dei precetti della chiesa, anche timida e graziosa nel parlare e nelle movenze. Ma a nessun uomo dal sano vigore mascolino poteva sfuggire quel suo corpo da vera gnocca; quel fisico snello e con tutte le curve al posto giusto e ben sviluppate. Quel fisico da indossatrice.

I sei mesi del corso sono passati e fra le future spose che vi hanno partecipato, cinque in tutto, Manola ha suscitato le mie più oscene voglie, le mie più indecenti fantasie, fino dal primo incontro. Voglie che si sono fatte sempre più spinte, audaci e spudorate. Le ho tenute a bada non concedendomi niente altro che, appunto, fantasie su di lei che poi sfogavo con energiche seghe nei bagni della canonica tra una messa e l'altra. Il massimo a cui mi sono arrischiato sono state delle occhiate ammirate e compiaciute alle sue curve stuzzicanti; e quando lei mi ha sorpreso a fissarla con l'occhio, diciamo, molto interessato, ha reagito con dei sorrisi pudici ma arrossendo imbarazzata e, chissà, lusingata. Non ha mostrato fastidio nel sorprendere un prete sessantenne, grasso come un porco e non certo piacente, scrutarla con una espressione da depravato. Questo suo chinare il capo, arrossire e sorridere tutte le volte che, durante gli incontri prematrimoniali, si accorgeva di essere osservata da uno sguardo lussurioso mi ha confuso ma intrigato non poco, portandomi a osare sempre più nelle fantasie; arrivando a farmi immaginare che potesse starci se ci avessi provato. Questa fantasia mi ha accompagnato per tanto tempo restando però relegata nella mia mente, e lì sarebbe rimasta, innocua, se il giorno prima del matrimonio non si fosse presentata una coincidenza troppo ghiotta per perderla.

Quel giorno, nel pomeriggio, telefono ad Alberto e gli dico di venire perché in chiesa hanno sistemato gli addobbi e le decorazioni floreali, e a me non piace perché ritengo che non rispettino il decoro dovuto al luogo. È stato, lo ammetto, un profondo atto di ipocrisia quello di infastidirmi per un dettaglio dopotutto insignificante come quello degli addobbi, quando in realtà l'atto che più offende quel posto sacro sono le mie condotte immorali e sconsiderate. Alberto comunque si scusa perché si trova impegnatissimo con una questione al lavoro ma subito trova la soluzione, e per placare il mio stato assai infastidito dice che avrebbe fatto venire la futura moglie, la dolce Manola. Io sono davvero infuriato per come, in mia assenza, è stata addobbata la chiesa; minaccio di strappare tutte le decorazioni e i fiori e, addirittura, metto anche in dubbio l'autorizzazione per fare celebrare lì il matrimonio. Alberto, poveraccio, mi implora di star buono e ribadisce che sarebbe subito arrivata la sua fidanzata. Io mi sento pervaso da un piacevole senso di potere nel constatare quanta agitazione stia generando in quel ragazzo, e con quanto zelo e premura si stia dando da fare per calmarmi. Inoltre quando lo sento rassicurarmi di mandare immediatamente la bella fidanzata mi monta una indecente eccitazione. È come se quella rabbia manifestata, il loro allarmarsi e attivarsi per mettere le cose a posto, quella sensazione di potere data da questa situazione e poi, a completare il tutto, vedere spuntare Manola con l'abito da sposa, avessero scacciato le ultime remore e gli ultimi pudori che mi trattenevano dal possedere quella ragazza.

Manola si presenta con indosso un abito lungo e stretto che la fascia dai seni fino alle ginocchia. Petto e spalle sono del tutto scoperte e la scollatura è da mozzare il fiato; la fasciatura dell'abito le risalta alla grande la vita, i fianchi e le cosce, mettendole ancora più in mostra il fisico da modella. All'altezza del fianco poi l'abito ha uno spacco vertiginoso lungo il suo favoloso stacco di coscia. Appena la vedo arrivare la mia già montata eccitazione ha un picco pauroso, e non ho nessuna intenzione di fare ulteriori storie anche per l'abito, perché ho intenzione invece di godermi ogni centimetro della sua pelle nuda.

Si avvicina trafelata chiedendo scusa per l'arrabbiatura che mi sono preso e, solo per acquietarmi un po', concorda con me sugli addobbi non adatti ad una chiesa. Ha una bellissima acconciatura alta impreziosita dai suoi boccoli biondo oro lasciati pendere ad incorniciarle il viso angelico, ed io immagino come sarebbe indicibilmente osceno imbrattarglielo di sborra. Immagino anche le gocce bianche e dense colarle sul mento poi sul collo, scivolare sul petto nudo fino infilarsi e scomparire nel solco fra le tette. Mi chiede se va tutto bene, vedendomi come assente, rapito nel guardarla e fantasticare oscenità. Io, eccitatissimo, non voglio farmi sfuggire l’occasione di tenermela tutta per me ora che siamo soli in chiesa e lei è in un seducente abito da sposa. Penso ad un pretesto per farla rimanere e allora le ricordo che deve ancora confessarsi. Prima che accetti la incalzo dicendole che non è ammissibile che si compia un’unione sacra come il matrimonio senza che la sposa abbia prima adempiuto al sacramento della confessione. Andiamo quindi nell’angolo della chiesa dove si trova il confessionale, io indosso i paramenti sacri e mi ritiro tirando il drappo per isolarmi ed ascoltare la sua confessione.

Per la prima volta in tanti anni in cui ho svolto con zelo e rispetto il sacramento della confessione adesso incalzo Manola con domande morbose e troppo sfacciatamente private; domande che esulano dal sacro e lecito atto della confessione e riparazione e che tradiscono tutta la mia brama lussuriosa e oscena verso questa bella ragazza. Lei si lascia sopraffare dall'impeto e dal modo (nei toni e nelle parole) con cui le chiedo di confessare ogni suo pensiero impuro, minacciandole un castigo divino mentre ribollo di eccitazione. In pratica gliele estorco parola per parola, le impurità che, sono convinto, non può non avere. Cazzo! Dopotutto è un essere umano. Per quanto soave e angelica nella bellezza, è di carne e ossa! Dico tra me e me intanto che lei si confessa, mentre io la spio dalla grata e mi tasto l’uccello diventato duro da sopra la tonaca.

Manola, trascinata dal mio interrogatorio in stile Gestapo, risale con i ricordi all’anno prima, e precisamente all’episodio in cui ha tradito quello che sta per diventare suo marito, con un suo ex. Mi si illuminano gli occhi sentendo quella sofferta confessione, capisco che è il momento giusto per far crollare le sue difese. Incalzo allora la ragazza facendomi raccontare tutto con una morbosità da depravato incallito. La spingo a sondare fra le sue pulsioni più profonde e nascoste, per arrivare a farle capire il perché di quel tradimento, e lei ammette che più di una volta ha provato, e prova, la fantasia, il desiderio di fare sesso, farsi possedere da altri uomini. L'idea di tradire Alberto (che comunque afferma di amare pazzamente) la eccita in maniera irresistibile; e ancora di più la eccita la fantasia che a possederla siano degli sconosciuti e tipacci poco raccomandabili che la trattino male, fottendola senza alcun riguardo come fosse la più laida e arrapata delle cagne. A quelle parole, a quella confessione, non resisto più e tutta la decennale preparazione spirituale cede, si sbriciola come un muro di argilla, di fronte alla voglia lussuriosa e oscena di possedere questa futura sposa giovane e bella.

2^ parte

La confessione liberatoria eccita anche lei. Le impongo di continuare a confessare ogni pensiero di tradimento e la porca inizia ad elencare tutte le volte che ha immaginato di farsi prendere a novanta gradi, dall’idraulico, appoggiata al lavabo della cucina; o dal macellaio che, rozzo e insanguinato dallo sfasciare carcasse, le tiene divaricate le lunghe e lisce gambe da modella e se la chiava, a****lesco, sul bancone freddo della macelleria. Manola è adesso senza freni; se poco prima le dovevo cavare a forza anche le più innocue mancanze, ora non mostra più alcun disagio nel confessare le fantasie più indecenti, perfino quella di diventare l’amante di un prete. Un prete giovane e aitante; di quelli che fanno vedere nei film. A questa confessione trasalisco di sorpresa e l’eccitazione raggiunge il culmine. Non sono certo il bello e fascinoso prete che alberga nelle sue fantasie, sono anzi tutt’altro. Grasso, stempiato, con la faccia da bonaccione ma che sa assumere il grugno da porco quando le voglie più indecenti si insinuano nella testa. Voglio così che questa bella ragazza, con indosso l’elegante abito da sposa, bianco, candido, pulito e impreziosito da pizzi e merletti di finissima fattura, diventi adesso la mia schiava; sottomessa alle mie più oscene fantasie.

Perdo letteralmente la testa per questa bella sposa che, in abito bianco, si confessa nella mia chiesa, sviscerando i suoi pensieri più peccaminosi. Le ordino di sfilarsi il perizoma come una deviata forma di penitenza. Glielo ordino con un tono perentorio, e più che quella di un castigo divino è la paura nel vedermi così esagitato a farla obbedire. Attraverso la grata la vedo piegarsi mentre, con un po’ d’impaccio dovuto al timore di sgualcire il prezioso tessuto, solleva la fasciatura che fa da gonna e dopo aver infilato le mani là sotto, nascondendole alla mia vista, le tira fuori con un minuscolo tessuto nero tra le dita, che fa scorrere lungo le gambe, fino alle caviglie e poi sfilandoselo dai piedi. Mentre la invito a continuare a confessarsi le ordino di passarmelo attraverso la grata. Annuso forte il perizoma della ragazza. È bagnato dei suoi umori. La porca si sta eccitando davvero. La mia metà oscura, la parte oscena e depravata di me è uscita del tutto allo scoperto, davanti a questa ragazza incantevole che suscita voglie indecenti. Mi sollevo la tunica fino alla patta dei pantaloni e frenetico la sbottono, liberando il mio cazzo. Nella casa del signore; nel suo confessionale e nel pieno del sacramento libero la mia verga e la infilo in una fessura allargata della grata. Ordino a Manola di succhiarmelo.

“Ma, padre...”, fa lei scioccata.

“Zitta. Cagna! Succhiamelo...”

Manola, titubante e timorosa, si avvicina. Con gli occhi sgranati fissa la mia asta che come una canna di pistola punta, oscena e pulsante, la sua bocca. Manola si ferma a pochi centimetri dalla mia cappella ed io avverto il suo fiato scivolarmi sulla verga. Attraverso le maglie della grata riesco a scorgere gli occhioni della bella ragazza che rimpallano impazziti tra il mio cazzo svettante e pulsante e la grata, come se cercasse di scorgere i miei occhi per avere conferma della mia volontà.

“Avanti! Succhialo!”, gli intimo con tono perentorio. “Devi mostrare al tuo dio cosa immaginavi di tanto osceno e peccaminoso in quella testa così malata. Succhiamelo. Puttana!”

Manola inizia posando timorosa le labbra sulla mia cappella calda e turgida, io spingo in avanti il bacino cercando di sporgere il più possibile il cazzo, per quel che la pancia mi permette. In pratica mi addosso al pannello divisorio del confessionale e il mio peso fa scricchiolare il legno.

“Succhiamelo. Succhiamelo! Prendilo in bocca e ciuccialo, sposina del cazzo!”

Inizio a snocciolare le preghiere della riconciliazione e alterno delle sonore bestemmie tra un ‘atto di dolore’ e una invocazione alla misericordia, mentre la ragazza mi lecca, timida ma continua, l’asta e mi succhia la cappella. Mentre lo fa piange, ed io tra un grugnito e l’altro la rincuoro assicurandole il perdono divino se segue diligente le penitenze che è mio dovere infliggerle.

Continua a succhiarmelo, la bella Manola. Me lo succhia dentro il confessionale, con l’abito bianco con cui tra pochi giorni, in questa stessa chiesa, la unirò in sposa al suo amato. Mi fa un pompino favoloso e la mia nerchia gradisce rinvigorendosi. Dopo innumerevoli seghe da solitario, non credo al piacere che sto provando nel sentire l’asta crescere avvolta dalla sua calda bocca, e la cappella premere contro il suo palato.

Voglio di più adesso. Esco dalla mia parte del confessionale e mi fiondo su di lei. Mi interroga con lo sguardo e di nuovo mi chiede impaurita cosa voglia farle. Lo borbotta con un filo di voce rotto dal lamento e da un piagnucolio, ha tutto il mascara azzurro che le cola lungo le guance in due lacrime scure e profonde e i suoi occhioni mi fissano sgranati e impauriti. Ho un po’ di pena ora per questa sposina ma il pulsare irrequieto della mia asta mi ricorda che devo soddisfare la mia brama di sesso. Il cazzo lo sento pesante; come la canna di una lupara che mi pende tra le gambe, anche i coglioni li sento gonfi e duri. Spingo Manola con le spalle verso lo schienale, poi le afferro le caviglie e le porto su fino alle mie spalle. Manola nota che il mascara le è colato fin sul petto e sta macchiando con chiazze di azzurro scuro il bianco del suo abito da sposa. Questo la fa sbottare in un pianto isterico a dirotto, mentre a me l’immagine del candore dell’abito irrimediabilmente lordato e il suo viso angelico, stravolto e insozzato, mi eccitano come un porco.

Lei, sempre con quel filo di voce rantolante, mi prega: “nella fica no, padre.” Sente la cappella spingere fra le labbra ed insinuarsi nella fessura bagnata. Ha un sussulto, lancia un lamento e insiste, piangendo a dirotto, di non fotterla nella fica. Sempre piangendo farfuglia che deve lasciare quel ‘posto’ vergine per il marito. Libero una risata sguaiata che assomiglia al grugnire di un maiale, poi imposto la voce per darle il tono imperioso del comando. Le intimo di smetterla di frignare e le urlo che la mia nerchia è lo scettro ‘sacro’ con cui monderò le sozzure che, partendo dalle sue fantasie, le hanno sporcato il corpo. La mia asta si infila decisa nella sua fica e inizio a stantuffare avidamente mentre le borbotto che è una immonda puttana e che fottendola così le sto ripulendo anche l’anima. Manola, sempre più stravolta, si lascia scopare rassegnata e io affondo vergognosamente il mio randello dentro di lei, fino a riempirla di sborra che, con enfasi, chiamo il seme sacro che la monda dal peccato, poi mentre mi svuoto i coglioni dentro la giovane sposina mi lascio scappare altre bestemmie dette con godimento.

Sfilo il mio cazzo da dentro quella passera tanto fresca e bagnata e pronuncio la frase di rito della riconciliazione. Mi inginocchio poi fra le sue cosce aperte e le lecco la fica mentre cola la mia sborra e i suoi umori odorosi e osceni. Sono ancora eccitatissimo e voglio che questa bellissima cagna non dimentichi più l’addio al nubilato che il suo sacerdote le sta regalando. Lei continua a frignare come un’isterica, farfugliando richieste di perdono a Dio. L'afferro per un braccio e la porto in sacrestia dove c’è il portone che collega la chiesa con un locale adibito dalla Caritas a dormitorio per extracomunitari. Ne conosco tre che vengono dall’Africa e sono dei watussi, alti due metri e neri come l’ebano. Le ordino di restare ferma, seduta su una panca di legno in sacrestia mentre vado nel dormitorio a chiamarli.

Li trovo tutti e tre stravaccati sui loro lettini. Annoiati e ciondolanti, con braccia e gambe così lunghe che toccano terra. Li chiamo e a bassa voce dico loro se hanno voglia di fica. Mi fissano interrogativi poi sorridono pensando li prenda in giro, in effetti un prete che propone della fica è alquanto improbabile però sono eccitato e la mia voglia da porco non si placa, e così sussurro loro che in sacrestia c’è una giovane e bella sposina bianca che prende marito fra pochi giorni ma non sa niente di sesso, e cerca dei maschioni che le insegnino come si scopa. Si scambiano delle occhiate tra l’incredulo e il divertito, come se avessero accettato di stare allo scherzo poi io li invito a seguirmi e sorridono con tutti i loro denti bianchissimi quando vedono Manola stravolta sulla panca, con l’abito da sposa stropicciato e insozzato di sborra e del mascara colatole dal viso. L’afferro per un braccio, la faccio sporgere dalla panca e infilo una mano nella scollatura palpandole le tette, poi porto la mano sotto la gonna, fra le sue cosce, gliele allargo. Insomma metto in mostra le sue intimità come se fosse merce da vendere. E i tre negri osservano compiaciuti, si scambiano occhiate d’intesa, molto soddisfatti di quello che gli sto mostrando. Da sotto le loro tute sudicie noto il gonfiore che mette in evidenza delle mazze incredibili e allora io li invito a darsi da fare con la sposina vogliosa di sesso. Mi chino verso di lei dicendo: “Vero che vuoi succhiare tre bei cazzoni neri? Svergognata puttanella!”. Poi le sussurro che da brava cristiana non può rifiutare un aiuto a gente che soffre, e questi tre negracci non montano una femmina da mesi, gli faccio abbassare le tute e oltre a dei cazzi nerissimi e poderosi come baobab si notano dei coglioni enormi come noci di cocco. Glieli tasto e sbotto in un “Oh puttana della madonna, quanta sborra che c’è qua dentro, impaziente di essere liberata! Su ragazzi ora sfogatevi su questa cagna bianca!”

I tre negracci si avvicinano alla ragazza che li guarda impaurita e piagnucola: “La prego padre, non mi faccia toccare da loro... Mi devo sposare fra tre giorni...”. Io, incurante delle sue suppliche isteriche, sospingo i tre maschioni verso di lei e siccome loro sono titubanti, vedendo Manola tanto disperata, bestemmiando spazientito afferro il cazzo di uno dei negri (una nerchia paurosa di 40 cm) e la punto sulla bella faccia della futura sposa. Premo la cappellona bruna e dura come una noce contro la sua bocca arcuata dal pianto e dal disgusto di sentire quel cazzo grosso quanto un serpentone forzare per infilarsi dentro. Afferro la sua faccia e premo con forza sulle guance, fino a farle aprire la bocca, e così le infilo quella cappella dura e pulsante fino in gola e incito il negro a pompare questa cagna che intanto emette conati di vomito. Il negro pompa il suo cazzo enorme e scuro e Manola ha le lacrime che le riempiono gli occhi strabuzzati e le guance piene di quel randellone di carne.

“Sì così, pompaglielo tutto in gola! Guarda com’è affamata del tuo cazzo!”

Sono sempre più eccitato e vedere la bella Manola succhiare quel cazzo eccezionale mi fa perdere la testa. La faccio alzare dalla panca e mettere a quattro zampe. Quando il primo negro tira indietro la sua nerchia, liberandole la gola, lei tossisce e butta fuori una colata di saliva. Rimane a carponi sul pavimento della sacrestia, a tossire e colare saliva dalla bocca; io faccio segno all’altro negro di mettersi dietro la ragazza e di godersi il suo bel culo bianco e tremante. Lui le tira su la parte fasciata dell’abito che le fa da gonna e le palpa le natiche. Gliele palpa con avidità e gliele divarica mettendo in mostra un buchetto del culo grazioso e invitante. Infila la punta del dito e Manola inizia a gemere mentre riprende a singhiozzare. Il negro spinge dentro tutto il dito, come per saggiare il ‘terreno’, e lei poi sussulta e strabuzza gli occhi quando l’enorme verga di quest’altro si spinge decisa e prepotente nel suo culetto. Il negro ha infilato la sua mazza nera e nodosa nel culetto grazioso e pallido della sposina ed ha preso a martirizzarglielo con delle crudeli stantuffate e Manola inarca la schiena contorcendosi ogni volta che quell’asta paurosamente grossa affonda fra le sue natiche bianche.

E' per i miei occhi ed i miei sensi uno spettacolo di estrema goduria, e subito ne prende parte anche il terzo negro che, anche lui, dirige la sua paurosa verga pulsante e nodosa nella bocca della bella e prossima sposina. Manola ha le labbra tremolanti. Non riesce a credere all’incubo in cui si è venuta a trovare, lei, che solo mezzora fa era in sartoria, tutta raggiante, a provare un abito da sposa sfavillante nel suo biancore e che ora è ridotto ad un cencio, stropicciato, insozzato e puzzolente per le continue colate di sborra che, sia io che i tre negri arrapati, le abbiamo schizzato addosso! I negri, a turno, si piazzano davanti alla bella e minuta biondina che, inginocchiata, prende i loro enormi cazzi in bocca e li succhia voracemente, come loro le ordinano di fare.

Dopo l’iniziale titubanza data dall’incredulità di questo osceno e inaspettato ‘regalo’, i tre grandi e grossi africani prendono un atteggiamento prepotente verso di lei, la piccola e formosa donne bianca; lanciandole borbottii rabbiosi nella loro lingua. Borbottii che rassomigliano a pesanti insulti, mentre la tengono per la testa e guidano il suo muoversi avanti e indietro; costringendola a sentirsi quelle lunghe verghe scivolarle impetuose fin nella gola. I tre negri cambiano spesso posizione, e alla bella bionda Manola non risparmiano pose e atti degradanti e osceni.

Osservo eccitatissimo le oscenità che usano sulla ragazza. La tengono a quattro zampe, sul freddo pavimento della sacrestia, e mentre un negraccio la scopa in bocca con foga incredibile, facendole colare saliva e vomito, un altro le si è accosciato dietro e le stantuffa il cazzo nel buco del culo, con un ritmo impetuoso e regolare, spostandosi poi nella sua graziosa fichetta tutta bagnata. Il terzo si smanetta la mazza e palpa le tette alla ragazza che intanto si dimena e inarca la schiena e si lascia scopare.

Il negro che la sta inculando ha un cazzo così lungo che, osservando la scena, mi chiedo come riesca la ragazza a riuscire a farselo entrare tutto. Eppure è così. Quella verga enorme e nera trapana senza ritegno il culo bianco della futura sposina. Quella nerchia possente si infila poi nella fica calda e stretta, come un treno in corsa che entra in una galleria. E le pompate continuano, e questa cagna bianca della mia parrocchiana se le prende tutte e ansima, sbuffa dal naso e mugugna mentre ha la bocca piena dei cazzi degli altri due negri che si alternano a infilarglielo fino in gola.

Ho preso il telefono e filmato tutta la scena. Manola è rimasta per oltre un’ora per terra in sacrestia, con i tre negri che a turno l’hanno scopata di brutto nel culo, in bocca e nella fica. Ho seguito tutto stando attento che quei tre allupati non le sborrassero nella fica, finendo per ingravidarla (nonostante che il pensiero di lei fresca sposa che partorisce bambini neri mi abbia eccitato parecchio).

Si avvicina l’ora della messa, presto in sacrestia sarà un viavai di persone fra chierici, lettori e collaboratori quindi soddisfatto metto fretta ai tre africani che finiscono di sgrullarsi le verghe, facendo colare sulla ragazza gli ultimi fiotti densi e odorosi, dopo averle imbrattato di sborra i capelli, la schiena e quel che resta del vestito nuziale ridotto a un cencio osceno e sacrilego.

Mando via i tre maschioni e sgattaiolo in un ripostiglio del Centro d’accoglienza. In tutta fretta raccolgo un maglione sformato e il pantalone di una tuta. Sono sudici e maleodoranti, sono i vestiti lerci della traversata sui barconi che vengono mandati al macero. C’è il rischio che portino batteri pestilenziali e attacchino malattie ma adesso Manola ne ha bisogno. Non può farsi vedere in chiesa mezza nuda, con addosso solo uno straccio sporco e odorante di sborra che fino a un’ora prima era un costoso ed elegante abito nuziale.

Manola è rannicchiata e tremante sulla panca in sacrestia, io le butto addosso quei vestiti che mi ha fatto schifo toccare e la sprono a infilarseli e sparire immediatamente. Lei è stravolta, singhiozza e tira su col naso mentre si infila gli indumenti lordi. Io le metto fretta, la sospingo verso l’uscita secondaria e, vedendola scioccata, provo a confortarla dicendole che ora quel cornutone del suo futuro marito può avere la moglie che ha sempre desiderato: una ninfomane affamata di cazzi. Io poi celebro messa con il cazzo duro sotto la tunica per tutto il tempo.
Published by depravato72
1 year ago
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